lunedì 7 aprile 2014

ANTICA FAVOLA ETIOPE

Una favola che amo perché tanti anni fa (almeno dodici) mi è stata davvero preziosa.
Come il libro dal quale è stata liberamente tratta: Passaggi di vita di Alba Marcoli.
Preziosa come l'incontro con la persona che me l'aveva prestato.
Naturalmente il libro è ora nella mia piccola biblioteca personale e la persona in questione è sempre nella mia vita .

Una favola che dopo anni di apparente oblio si era riaffacciata alla mia memoria in un momento particolare e speciale con i miei pazienti del Centro di Salute Mentale, allorché, come spesso succede nelle dinamiche di gruppo, un tema (in questo caso il tema del tempo e del cambiamento) si manifesta sia in modo evidente che latente nei lavori artistici e di seguito nella verbalizzazione e condivisione di tutto il gruppo.

Il gruppo in questione, ormai collaudato da molti incontri, coeso e piuttosto numeroso (dodici pazienti più un'infermiera e un operatore che mi facevano da spalla) aveva particolarmente gradito il mio racconto, alla chiusura della verbalizzazione e dopo i miei consueti rimandi individuali.
Qualcuno addirittura ne aveva poi parlato coi medici di riferimento traendo ulteriori spunti di riflessione sul vissuto personale. 
Poteri delle metafore e dei simboli.

Mi è tornata alla mente (e mai per caso) in questi giorni ed ho deciso di dedicarle spazio proprio qui.


La Donna, il Coraggio, il Tempo e la Magia. 
(titolo da me inventato)

Un uomo, rimasto vedovo, con un figlio ancora bambino, sposò una giovane donna. 
Nel giorno del matrimonio, la donna, commossa dal dolore così evidente sul viso del bambino, fece una promessa a se stessa; "Aiuterò questo bambino a guarire dal suo dolore e sarò per lui una buona madre".
Da quel momento ogni suo pensiero ed energia furono spesi per questo obiettivo, ma invano.
Il bambino opponeva un netto rifiuto a tutte le sue attenzioni e cure.
I cibi preparati amorevolmente non erano buoni come quelli della mamma naturale, i vestiti lavati e rammendati venivano sporcati e strappati di proposito, i baci ricevuti venivano prontamente ripuliti col dorso della mano, gli abbracci allontanati, e così via.
Per quanto la donna cercasse di consolare il dolore del bambino e si sforzasse di conquistare il suo affetto non incontrava altro che rifiuto e rabbia.
Un giorno, al colmo del dispiacere e del senso d'impotenza, decise, tra le lacrime, di chiedere consiglio allo stregone del villaggio.
"Ti supplico! Aiutami! Prepara una magia così ch'io possa conquistare l'amore di questo bambino! Ti pagherò quanto vorrai! Aiutami Stregone!".
"Va bene, ti aiuterò e preparerò questa magia, ma è essenziale che tu mi porti due baffi del leone più feroce della foresta".
"Ma Stregone! E' impossibile! Non c'è nessuna speranza allora! Se mi avvicinerò a quel leone mi sbranerà! Non conquisterò mai l'amore di questo bambino".
"Mi dispiace donna, ma questa è la condizione necessaria per la magia".
La donna, in lacrime, si avviò verso la sua capanna ancora più scoraggiata.
Dopo una notte insonne, resasi conto che in nessun modo avrebbe rinunciato al suo proposito di conquistare l'affetto del bambino, la giovane sposa decise di procurarsi i baffi del leone ad ogni costo.
La mattina seguente si mise in cammino verso la foresta con una ciotola di carne sul capo. Giunta al limitare del territorio del leone depose la ciotola a terra e fece quindi ritorno verso la sua capanna.
Il giorno successivo, poco dopo l'alba, si avviò nuovamente con una nuova ciotola piena di carne verso la foresta, ma questa volta depositando il tutto qualche passo più avanti, nel territorio del re della foresta.
Il terzo giorno ancora una ciotola di carne e ancora qualche passo più avanti.
Il quarto giorno lo stesso.
Così il quinto, il sesto, il decimo, il ventesimo, il trentesimo, il centesimo...giorno.
Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, avanzando con coraggio e costanza.
Fino a vedere la tana e l'animale, e poi, dopo giorni, ad incontrare il leone che ormai attendeva la sua ciotola di carne e osservava placido la donna, concedendole di avvicinarsi.
illustrazione di Roberta Tezza
Sino al giorno in cui la ciotola viene deposta davanti al leone, e la donna, col cuore in tumulto nel petto, capisce che è giunto il momento di agire.
Mentre l'animale, ormai perfettamente a suo agio con lei, divora il suo pasto, ecco che lei può strappare i due baffi preziosi senza che il leone neppure se ne accorga.
Allora sorridendo tra le lacrime, con i due baffi stretti al petto, corre a perdifiato verso la capanna dello stregone: "Stregone!!! Stregone!!! Ho i baffi!!! Puoi fare la tua magia!!!"
"Mi dispiace donna, non posso fare ciò che mi chiedi. Non bastano due baffi di leone per conquistare l'amore di un bambino. Non ho questo potere".
"Mi hai ingannata!!! Mi hai tradita! Mi hai fatto rischiare la vita per nulla! Perché? Perché l'hai fatto?" Urlava tra le lacrime la donna al culmine della disperazione. "Avevi promesso! Come farò adesso?"
Lo stregone, in silenzio, attende che la donna esaurisca le sue lacrime e la sua rabbia e poi risponde: "Io non posso compiere alcuna magia, donna. La magia è nelle tue mani. Guarda cos'hai fatto col leone. Ebbene, la magia è questa: fai col tuo bambino ciò che hai fatto col leone!"




C'è un solo modo di dimenticare il tempo: impiegarlo. 
CHARLES  BAUDELAIRE


Il Tempo. Ogni cosa necessita del suo tempo, ma c'è un tempo che pare infinito.
E' il tempo della trasformazione, del cambiamento, della guarigione, dell'attesa.
Quel tempo che vorremmo poter cancellare come d'incanto, o che almeno vorremmo accelerare. Soprattutto noi, noi che viviamo in questo momento storico e culturale dove il tutto dev'essere subito, dove ogni cosa si consuma in un attimo, dove l'attesa genera insofferenza e aggiunge spesso sofferenza alla sofferenza.
Non è possibile accelerare.

Ci sono ritmi e tempi che non possiamo modificare, che appartengono alla natura dell'uomo e all'universo.
Quando si dice: il tempo aggiusta tutto...
In realtà siamo noi e sono gli avvenimenti che necessitiamo di tempo per "aggiustarci". Noi per adeguarci, per abituarci, per trasformarci. Gli avvenimenti per evolvere, maturare, manifestarsi. 
Non esistono interruttori. 
Click! No, nessun click.
Solo la costanza, la tenacia e la paziente attesa mentre "si lavora per".


Quale ferita è mai guarita se non a gradi?
WILLIAM SHAKESPEARE, Otello, II, iii, 370

Ricordo una paziente, una giovane donna in grande sofferenza:
-- Ma quanto tempo ci vuole perché io guarisca da questa depressione? Quanto?
    Secondo lei...?
-- Mi dispiace molto. Non sono in grado di risponderle. So bene che lo stare nel dolore sembra dilatare il tempo all'infinito, ma se nel frattempo ci si concentra sull'obiettivo dello stare meglio, se lavoriamo insieme, un passo alla volta, perché questo obiettivo possa essere raggiunto, allora questo tempo scorrerà, e sarà alleato anziché nemico.


Ricordo un ragazzo con grave ritardo mentale.
Il suo sguardo che, di fronte alla mia silenziosa perplessità sull'utilizzo della sola acqua e colla sul foglio, sembrava mi dicesse 
"Fidati, so quel che faccio. Sostienimi, seguimi, ascoltami. Aspetta, dammi tempo".


Tempo e ritmo. anche in arteterapia.
I ritmi delle sedute con i loro rituali.
I ritmi degli incontri, regolari e rassicuranti
Avvicinarsi e allontanarsi. 
Staccarsi. Per prendere distanza dalle emozioni, per esercitare la pazienza della ragione, per staccare dalle memorie implicite procedurali, ma attraverso gli strumenti per la riflessione.
Come tra il bambino e la madre, l'ingaggio e il disingaggio degli sguardi.

Il rispetto dei tempi della terapia e di quelli del paziente.

Solo se prima abbiamo imparato a tollerare l'attesa, a rispettare anche i nostri tempi di terapeuti e di individui.
Allora possono accadere "magie".




2 commenti:

Unknown ha detto...

E un astronomo disse:
Maestro, parlaci del Tempo.

E lui rispose:
Vorreste misurare il tempo, l’incommensurabile e l’immenso.
Vorreste regolare il vostro comportamento e dirigere il corso del vostro spirito secondo le ore e le stagioni.
Del tempo vorreste fare un fiume per sostate presso la sua riva e guardarlo fluire.

Ma l’eterno che è in voi sa che la vita è senza tempo
E sa che l’oggi non è che il ricordo di ieri, e il domani il sogno di oggi.
E ciò che in voi è canto e contemplazione dimora quieto
Entro i confini di quel primo attimo in cui le stelle furono disseminate nello spazio.
Chi di voi non sente che la sua forza d’amore è sconfinata?
E chi non sente che questo autentico amore, benché sconfinato, è racchiuso nel centro del proprio essere,
E non passa da pensiero d’amore a pensiero d’amore, né da atto d’amore ad atto d’amore?
E non è forse il tempo, così come l’amore, indiviso e immoto?

Ma se col pensiero volete misurare il tempo in stagioni, fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre,
E che il presente abbracci il passato con il ricordo, e il futuro con l’attesa.

Kahlil Gibran

Grazie, Roberta!
Gabriella

Unknown ha detto...

Grazie Gabriella,

sono un'appassionata di Gibran.
Il mio augurio: "...fate che ogni stagione racchiuda tutte le altre.
E che il presente abbracci il passato con il ricordo
e il futuro con l'attesa".

Un caro saluto
Roberta